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Palazzo Ram

Palazzo Ram è la più antica masseria di Partinico ancora esistente, che si erge alle pendici del colle Cesarò, su di una leggera altura che domina la piana di Partinico sino al mare, tra Borgetto e Partinico in prossimità del torrente Sardo-Platti. L'edificio fu edificato dai Ram (che poi, nel linguaggio popolare, divenne "Ramo"), una potente e nobile famiglia della Catalogna, verso la fine del sec. XVI.

Poichè dopo il 1610 Benedetto Ram risulta già possessore del fondo con il Palazzo, la chiesa ed i fondi rustici, è molto probabile che tale complesso sia stato realizzato fra il 1582 e il 1610 ad opera del figlio di Elisabetta e Francesco, nonchè padre di Benedetto, cioè Sìlvio Ramo, giurato di Palermo e partecipe della ricostruzione di "Porta Nuova". Tuttavia non è escluso che il Palazzo possa essere stato costruito ancor prima del 1588, addirittura fra il 1568 e il 1575 ad opera di Francesco Ram, come proverebbero alcuni contratti inediti, relativi alla prestazione di manodopera e fornitura di materiali, esistenti nel Fondo Notai defunti dell'Archivio di Stato di Palermo.

Poco o niente si sa invece della storia di Palazzo Ram fino ai primi del Novecento, quando esso fu utilizzato come Lazzareto durante l'epidemia della "spagnola". Il complesso edilizio, appartenente all'Ospedale Benfratelli di Palermo, venne trasferito al patrimonio comunale di Partinico con decorrenza 1/01/1983, data di entrata in vigore della riforma sanitaria. Attualmente la parte nord-orientale del piano nobile è crollata, ed è oggetto di attenzione da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali di che ha già ultimato il primo intervento di consolidamento delle strutture.

Il complesso è costituito dalla Casa-forte con le pertinenze rurali, e una Cappella, che ricadono in un appezzamento di terreno agricolo delimitato da un muro di cinta aperto su due ingressi monumentali disposti alle estremità del viale di accesso: quello originario si apre lungo la cortina occidentale, ed è costituito da un semplice fornice a tutto sesto; l'altro è un portale tardo-barocco, formato da due piloni modonati, una volta completi di cancellata e sormontati da vasotti decorativi.

Lungo il muro di cinta del fondo insistono alcuni corpi bassi diruti ad una sola elevazione ed una cappella a pianta rettangolare di mq.60, che circondano per due lati il palazzo. Il predio che si articola su più piani e per recinzioni concentriche può essere letto in via sperimentale secondo diverse funzioni. Il palazzo vero e proprio si distingue in due parti: un avancorpo seminterrato e cavo all'interno a volta, a cui è appoggiata una doppia scalinata, costituito dalla sovrapposizione di due ambienti voltati dei quali quello superiore è crollato, mentre l'inferiore contiene diversi piccoli ambienti e una cisterna d'acqua, e la casa vera e propria, che si articola attorno alla Corte decorata da un portale, sul quale si eleva un terrazzo loggiato.

La casa ha pianta quadrata, di m.8,50 di lato, e si sviluppa con due elevazioni fuori terra per un'altezza di m.12,50. Il prospetto principale, al di sopra del predetto avancorpo, è di forma rettangolare (ml.37 x 6,50; h.3,65) e presenta l'unico ingresso originario, costituito da un bel portale a tutto sesto, con conci bugnati e a differente lavorazione della superficie, nonchè quattro finestre a piano terra (la parte soprastante del piano nobile è crollata). I prospetti esterni sono marcati agli angoli da grandi pilastri in pietra a vista, di ordine gigante, che raggiungono il coronamento merlato dell'edificio e poggiano su basi modanate, collegate fra loro da una cornice lapidea che gira tutt'intorno all'edificio.

 Nei campi parietali fra i detti pilastri, intonacati di bianco, si aprono due ordini di finestre rettangolari con mostre lapidee, più grandi quelle superiori, più piccole, a feritoia, quelle inferiori. Dalla base del terrazzo sporgono dei doccioni in pietra scolpiti in forma ottogonale, cioè canali di scolo delle acque piovane, poggianti su mensole di pietra dura con fregi a forma di rosetta. La planimetria del complesso, pur mostrando vari ripensamenti costruttivi nelle ammorsature delle parti, è molto regolare e si articola per vasti ambienti quadrangolari, coperti con volte a botte al piano terra, ed a padiglione con lunette al piano nobile, su cui poi è stato realizzato il vasto terrazzo di copertura.

L'interno del piano terra presenta un atrio delimitato da un porticato, su cui si affaccia tutta una serie di ambienti coperti con volte a botte, non comunicanti fra loro, e illuminati dall'esterno solo da strette feritoie. In fondo all'atrio, di fronte al porticato, vi è un grande affresco murario, molto sbiadito, al centro del quale vi sono i resti di una vasca in pietra modanata con lo stemma dei Ram. Il piano nobile, destinato alla residenza, è raggiungibile attraverso una scala che dall'atrio conduce ad un ballatoio scoperto il cui tavoliere, sorretto da mensoloni in pietra, era probabilmente rimovíbile in caso di pericolo, interrompendo così l'accesso al piano superiore.

Gli ambienti del piano nobile, distribuiti in infilata lungo i quattro lati dell'edificio quadrangolare, sono coperti con volte a padiglione ed a vela lunettata, e sono in discrete condizioni statiche ad eccezione di quelli dell'ala settentrionale le cui volte sono crollate trascinando con sé anche parte dei muri d'ambito. L'edificio è costruito integralmente in muratura (pietra rotta di calcare compatto allettato con malta), e tutti gli ambienti sono coperti con volte in muratura (e ciò in un ambiente ove certo non mancava il legname).

Dimostra inoltre una grande ricchezza nelle finiture e nei decori: stucco lucido negli ambienti nobili, lunette nelle volte decorate con lo stemma della famiglia, pareti affrescate, mostre lapidee in tutte le aperture interne ed esterne. Visitando l'edificio appare chiaro che le preoccupazioni di ordine difensivo dovevano essere fortissime se il locale di servizio igienico, il cosiddetto "comune", ha addirittura una apertura nella scala che porta al terrazzo in modo da non allontanare la sentinella dal suo posto di guardia.


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